Sono trascorsi più di dieci anni dalla prima volta che ho incontrato Mona di Orio.
Delle sue fragranze, mi ha subito colpito come ne esprimano a pieno la visione onirica, mediando quella sua riservatezza nel raccontarsi, quasi un pudore d’altri tempi. Attraverso le particelle invisibili dei suoi profumi Mona di Orio ha saputo parlare al cuore delle persone, al punto da creare un affetto indissolubile fra lei, gli appassionati di fragranze e i rivenditori, un sentimento che Mona ha spesso coltivato in un rapporto confidenziale.
Per questo non posso che immaginare Mona, con il suo sguardo intenso, felice di trovarsi da Studio Olfattivo, fra persone che condividono la stessa sensibilità. Inoltre credo amerebbe anche che si trovi nella terra dell’ultimo Caravaggio, artista amatissimo che le ha ispirato il suo celeberrimo chiaroscuro olfattivo, quella ricchezza di contrasti che è diventata la sua firma inconfondibile.
Padre di origini italiane e madre di origini spagnole, ma cresciuta in Francia, Mona di Orio si è diplomata alla Scuola di Belle Arti e in scienza del linguaggio. Il profumo la affascina fin dall’infanzia, così, dopo degli studi, prende coraggio e scrive al profumiere più seminale del XX secolo, Edmond Roudnitska, che la prenderà come sua apprendista a Cabris, presso Grasse. Lì resterà per sedici anni, completando la sua formazione, misurandosi con le creazioni del maestro e con quelle della natura.
Solo nel 2006, con l’amico olandese Jeroen Oude Sogtoen fonda il proprio marchio di profumi, Mona Di Orio Parfums, con creazioni della collezione Signature come Nuit Noire, eclettici fuochi d’artificio olfattivi che mostrano tutta la fantasia di Mona. Nel 2010 segue poi la collezione Les Nombres d’Or, che prende il nome dalla sezione aurea, il canone divino in arte. Mona declina l’armonia della natura in fragranze equilibratissime che rileggono le materie più preziose della profumeria classica da un punto di vista particolare.
Nel 2011, dopo la prematura e improvvisa scomparsa di Mona a soli quarantadue anni, Jeroen ha raccolto la sua eredità con dedizione immutata portando avanti il brand Mona di Orio Parfums e la bellezza visionaria, l’amore per l’eccellenza incondizionata e per l’età d’oro della profumeria francese che lo caratterizza.
Nel 2015, assieme a una nuova, raffinatissima immagine firmata da Pierre Dinand (l’uomo che ha disegnato i più bei flaconi di profumo degli ultimi 50 anni), arriva anche nuova linfa creativa grazie al sodalizio col giovane profumiere svedese Fredrik Dalman che è riuscito a preservare la pastosità materica caratteristica delle creazioni di Mona di Orio, declinandola in una gamma di raffinatissime sfumature boreali.
I profumi Mona di Orio
Nuit Noire è stata fra le prime creazioni di Mona di Orio del 2006, ora rilanciata nella Signature collection.
L’idea del chiaroscuro pittorico come ossessione stilistica per Mona è già tutta nel concetto della fragranza: un bouquet narcotico di fiori bianchi in una notte nera. Siamo nell’oscurità di una stanza, un fascio di luce speziata di zenzero filtra su un letto sparso di petali, garofani, zagare e tuberose deflagrati teatralmente tutt’intorno mentre nell’ombra lascia misteriosa del vetiver traccia un nudo femminile, forse una diva da telefoni bianchi.
Assieme ad Ambre e Cuir, è la creazione che inaugura la collezione Les Nombres d’Or nel 2010.
Tenero come un sospiro d’angeli e delicato come una pioggia di piume, Musc esalta il lato più confortevole del muschio, materia prima anticamente di origine animale ora simulata da essenze vegetali e e sintetiche che donano una malinconia calda e floreale. La freschezza del neroli in apertura fa volare un talco finissimo radioso di eliotropio ed angelica, una leggiadra, intima carezza.
Lanciata l’anno seguente, Tubéreuse è un girotondo verde di adolescenti gioiose, di una femminilità acerba e sbarazzina: esattamente l’opposto della femme fatale.
L’apertura esperidata di bergamotto e bacche rosa e soffusa di fogliame verde intona un preludio rugiadoso all’assoluta di tuberosa indiana, più croccante e meno cremosa della tuberosa di Grasse. Il fiore primadonna è ingentilito poi da un fondo lieve di gelsomino e benzoino resi vaporosi da un accenno di legni muschiati.
Corroborante fin dalle prime note di pompelmo, Vétyver frizza come un aperitivo in terrazza dopo l’ufficio, rinfrescante di zenzero blu del Madagascar qui accostato all’eleganza aromatica e quasi incensata della salvia sclarea.
Il cuore si fa più caldo di noce moscata e introduce il tema boschivo del vetiver Bourbon, radice magica della profumeria che odora di terra e pietre al sole, di fumo portato dal vento. Il finale si ammorbidisce di tabacco biondo con un accenno appena floreale che anche le donne ameranno in un legnoso così unico e raffinato.
Creato dopo la scomparsa di Mona, con Dōjima Jeroen Oude Sogtoen e Fredrik Dalman rendono omaggio all’odore unico del riso ritraendone la patina di porcellana. Grazie a questa fragranza, che prende il nome dal quartiere di Tokyo in cui si trovava la borsa del riso, ho capito che l’eredità di Mona era lì sotto il mio naso. Nella scelta di materie preziose, come l’assoluta di salvia sclarea che Mona ha spesso usato, un complesso aroma argenteo dai rifessi floreali di albicocco, tè verde, incenso e fieno, fino alla tecnologica co-distillazione di iris e legno di cedro che ha ricreato i sentori asciutti, maltati e floreali del riso. Seppure più accessibile, meno contrastata e mediterranea nei colori, la costante tensione a una grana olfattiva materica segue l’impronta pittorica che Mona di Orio ha sempre cercato.
Appena spruzzato, Dōjima emana la brillantezza porosa del chicco di riso grazie alla nuvola talcata e floreale dell’iris sospinta da un alito rosato di saké. Pochi petali di gelsomino sparsi nel burro d’iris bastano ad smussare la freschezza angolare della salvia dando subito l’impressione di sorseggiare una tazza fragrante di Hōjicha, the verde che i giapponesi amano tostare in un coccio di porcellana per esaltarne il gusto nocciolato. Il drydown è sereno, tutto sandalo e ambretta dai sentori di cereali e frutta secca, edibili eppure mai sfacciatamente gourmand grazie alla piccantezza sapida della noce moscata. Come un bagno all’amido di riso, il comfort di questa eau de parfum resta sulla pelle a lungo carezzandola con la trama increspata di una seta antica.